Le infinite sfaccettature del prisma dell’universo


Nella vita si svelano le infinite sfaccettature del prisma dell’universo interiore del nostro essere emozionali.
Ponendoci infine domande, prove, e dinanzi a ogni difficoltà, la verità della nostra consapevolezza esce fuori.

Giuseppe Boccia

L'esistenza, nella dualità


L'esistenza... nella dualità è il dilemma più grande, che contrappone alle radici le ali.
Dal passaggio da una parte o l'altra è l'espressione di ciò che provi in quell'istante nell'esperienza emozionale.
Sospesi su questo filo teso, andare o restare?
Camminando sospeso sulla dualità della vita...
Si sceglie solo influenzati dall'emozione del momento, è più forte delle necessità di essere conduttori, il bisogno della sicurezza di un passato, che ha lasciato segni indelebili.
La certezza di questa vita a dispetto dell’incertezza è che devi trovare il centro tra le radici e le ali!
Giuseppe Boccia

IL VECCHIO NONNO E IL NIPOTINO


C’era una volta un uomo molto anziano che camminava a fatica; le ginocchia gli tremavano, ci vedeva poco e non aveva più neanche un dente. 
Quando sedeva a tavola, reggeva a malapena il cucchiaio e versava sempre il brodo sulla tovaglia; spesso gliene colava anche dall’angolo della bocca. Il figlio e la nuora provavano disgusto, perciò costringevano il vecchio a sedersi nell’angolo dietro la stufa e gli davano da mangiare in una brutta ciotola di terracotta. Il poveretto guardava sconsolato il loro tavolo, con gli occhi lucidi. Un giorno le sue mani, sempre tremanti, non riuscirono a reggere la ciotola, che cadde a terra e andò in pezzi. La donna lo rimproverò, ma il vecchio non disse nulla e sospirò. Allora per pochi soldi gli comprarono una ciotola di legno. Mentre sedevano in cucina, si accorsero che il figlioletto di quattro anni armeggiava per terra con dei pezzetti di terracotta. «Che cosa stai combinando?» gli domandò il padre. «Ecco… - rispose il bambino - sto accomodando la ciotola per farci mangiare te e la mamma quando sarete vecchi». I genitori allora si guardarono e scoppiarono in lacrime. Fecero subito sedere il vecchio nonno al loro tavolo e da quel giorno lo lasciarono mangiare sempre assieme a loro. E quando versava il brodo non dicevano più nulla.
(Fiaba dei fratelli Grimm)

G A R U D A, L'UCCELLINO, ... E IL DIO DELLA MORTE


Il tuo KARMA è il tuo DHARMA …
Lassù nell'Himalaya, nei recessi del monte Kailash c'è la dimora di Shiva, dio indù della distruzione.
Una sera Vishnu, dio responsabile della conservazione dell'ordine cosmico, vi si recò in visita a Shiva, lasciando all'ingresso Garuda, l'essere metà uomo e metà aquila che gli funge da cavalcatura.
Garuda si sedette fuori da solo, beandosi delle bellezze naturali del posto.
A un tratto lo sguardo gli cadde su una bella creaturina, un uccellino appollaiato sull'arco sovrastante l'ingresso della casa di Shiva.
Garuda esclamò ad alta voce: «Quanto è meravigliosa questa creazione!
Colui che ha creato queste enormi montagne ha fatto anche questo uccellino piccolissimo, ed entrambi sembrano ugualmente meravigliosi».
Proprio in quel momento, Yama, il dio della morte, passò di lì a cavallo di un bufalo poiché intendeva far visita a Shiva; passando sotto l'arco, il suo sguardo si posò sull'uccellino e lui alzò le sopracciglia con espressione sorpresa.
Poi distolse la vista dall'uccellino e sparì all'interno.
Il mito narra che una sola occhiata, anche di sfuggita, di Yama è un presagio di morte imminente.
Garuda, che aveva osservato la scena, pensò tra sé e sé: «Yama che guarda attento l'uccellino può significare una cosa soltanto: che il tempo di questa creatura è finito.
Forse quando uscirà lo porterà via con sé».
Il cuore gli si colmò di compassione per l'uccellino indifeso, che stava là ignaro della sua sorte incombente.
Allora Garuda, che è l'essere più veloce dell'universo, prese la decisione di salvarlo dalle grinfie della morte:
lo afferrò, volò rapidamente fino a una foresta lontana migliaia di miglia e lo posò delicatamente su una roccia a lato di un ruscello.
Poi ritornò rapidamente al Monte Kailash e riprese posizione accanto alla porta d'ingresso.
Poco dopo Yama uscì e fece a Garuda un cenno d'intesa.
Garuda salutò il dio della morte e gli disse: «Posso farvi una domanda?
Mentre andavate dentro, avete visto un uccello e per un momento siete sembrato stupito: perché?».
Yama rispose: «Beh, quando i miei occhi sono caduti su quell'uccellino, ho visto che sarebbe dovuto morire di lì a pochi minuti, ingoiato da un pitone, molto lontano di qui in una foresta presso a un ruscello.
Mi domandavo come avrebbe fatto quella creatura così piccola a superare le migliaia di miglia che la separavano dal suo destino in così poco tempo.
Poi mi è passato di mente. Ma certamente in qualche modo dev'essere avvenuto».
Dicendo questo, Yama sorrise e se ne andò.
Sapeva già del ruolo che avrebbe avuto Garuda nella circostanza?
Nessuno può saperlo per certo.
Garuda restò là seduto a rimuginare per un pezzo sulla piega inattesa che avevano preso gli eventi........
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