«Le persone con le quali ho a che fare nei sogni non sono né rappresentazioni (simulacra) del loro sé vivente, né parti di me. Sono immagini fatte d’ombra che ricoprono ruoli archetipici; sono persona, e maschere, nella cui cavità è presente un numen.
Così esprime la stessa tesi Dodds: “In molto sogni omerici, il dio o eidolon appare al sognatore nelle vesti di un amico vivente ed è possibile che nella realtà i sogni in cui comparivano conoscenti del sognatore venissero interpretati in questo modo.” (…)
L’immagine onirica di una persona umana non può essere riferita alla persona reale, perché le immagini oniriche fanno parte delle ombre del mondo infero e pertanto si riferiscono a persone archetipiche in sembianze umane. (…)
Il mio vecchio maestro o il mio professore che compaiono in un sogno non rappresentano soltanto una potenzialità intellettuale della mia totalità psichica. Su un piano più profondo, quella figura è il mentore archetipico, il quale, temporaneamente, in questo sogno, indossa le vesti di quel maestro o di quel professore. La fidanzatina, o fidanzatino, delle elementari che compare nei miei sogni non è soltanto una particolare tonalità affettiva che potrei scoprire e integrare adesso che divento vecchio. A un livello più profondo, quella persona giovane appartenente al passato, che vive nella memoria, è la kore o il puer archetipici che si presentano sotto forma di questo o quel ricordo personale. Nei sogni, nelle sembianze degli amici incontrati ieri sera, ci vengono a visitare daimones, ninfe, eroie e Dei. (…)
Possiamo mettere a confronto tre modi di considerare le persone del sogno.
il PRIMO, chiamiamolo freudiano, le riconduce all’attualità del giorno mediante le associazioni o mediante l’interpretazione al livello oggettivo: per comprendere le persone dei sogni sono essenziali altre persone.
Il SECONDO modo, che potremmo chiamare junghiano, le riconduce al soggetto, intendendole come espressione dei suoi complessi: per comprendere le persone dei sogni è essenziale la mia personalità.
Il TERZO modo, il metodo archetipico, le riconduce al mondo infero delle immagini psichiche. Le persone del sogno diventano esseri mitici, non tanto perché se ne trovano i paralleli mitologici con l’amplificazione, ma perché si arriva a vedere le persone dell’immaginazione che stanno dietro le maschere personali: per comprendere le persone del mio sogno sono essenziali solo le persone del sogno.»
(James Hillman – Il sogno e il mondo infero – Adelphi edizioni, p.82-83)
James Hillman
«Più sogno mia madre e mio padre, mio fratello e mia sorella, mio figlio e mia figlia, meno queste persone reali sono come le percepisco nel mio ingenuo naturalismo letterale e più diventano abitatori psichici del mondo infero. Quando appaiono nelle visioni delle mie notti e io macino e digerisco il loro andirivieni, i famigliari diventano familiares, compagni interiori: non sono più esattamente le persone letterali con le quali ho quotidianamente a che fare. A poco a poco, la famiglia cessa di essere le persone reali, alle quali devo resistere e con le quali devo competere, per diventare gli antenati viventi, i fantasmi, le ombre, i cui caratteri scorrono nel mio sangue psichico, dandomi sostegno con la loro presenza nei miei sogni. La casa di famiglia si sposta da ge a chthon.
Quante volte abbiamo sognato quelle vecchie scene famigliari!
Ecco la mamma che sgrida, gli occhi incorniciati dagli occhiali, il babbo che volge le spalle, il fratello morto da anni che dorme ancora nel letto accanto.
Perchè questo eterno ritornare alle medesime figure?
Che cosa vuole la psiche?
Perché ci riporta passati amori come tormenti attuali?
Una notte dopo l’altra, volti a cui avevamo dato il bacio d’addio ritornano a chiedere ancora qualcosa. Di solito, si pensa che tali ripetizioni e insistenze significhino che c’è un complesso irrisolto; ma che cosa dice in realtà questa spiegazione?
Forse, nei sogni è in corso un lavoro, una prolungata cottura di residui coriacei che scioglie la carne fin troppo soda delle persone ricordate, riducendole ai loro simulacra, a un’ombra di se stesse, affinchè possano andarsene, liberate dal nostro attaccamento, e noi si possa vivere in loro presenza non più oppressi dalla loro vita. Queste figure sono qualcosa di più che complessi irrisolti; sono anche sostanze emotive sottoposte al processo del fare anima.»
(James Hillman – Il sogno e il mondo infero – Adelphi edizioni, p.122-3)
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